venerdì 27 dicembre 2013

opportunità per un serio ripensamento della propria fede - o non fede - e del suo modo di esprimersi anche pubblicamente in una società ormai multiculturale


Verrebbe da chiedersi se queste tensioni e contraddizioni 
non possano essere colte 
come opportunità 
per un serio ripensamento della propria fede - o non fede - 
e del suo modo di esprimersi anche pubblicamente 
in una società ormai multiculturale: 
il fatto che determinate tradizioni natalizie non siano più accolte 
come scontate da tutti 
potrebbe essere un’ottima occasione per una purificazione 
del modo che i cristiani hanno di vivere la propria fede 
e di testimoniarla nella compagnia degli uomini. 

Siamo così sicuri 
che gli aspetti ritenuti più ovvi e caratteristici delle festività natalizie 
abbiano davvero a che fare con la fede in Gesù, 
nato da Maria, 
venuto nel mondo per narrare a tutti il volto misericordioso di Dio? 
Pensiamo realmente 
che la presenza di giovanotti bardati 
da vecchi bonaccioni nei centri commerciali 
rimandi al mistero della notte di Betlemme? 
O che dei buffi pupazzi 
che si arrampicano sui nostri balconi 
o si calano dai camini in concorrenza 
con streghe a cavallo di una scopa rievochino 
l’annuncio di «una grande gioia per tutto il popolo» 
o «la pace in terra per gli uomini di buona volontà»? 
E che coerenza mostra chi difende accanitamente la recita scolastica 
con melodiosi canti natalizi facendone un evento irrinunciabile per il proprio figlio 
e poi non si pone nemmeno il problema 
di una sua partecipazione alla messa di mezzanotte o del giorno di Natale?

Enzo Bianchi
Da La Stampa, 24 dicembre 2010

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