sabato 7 dicembre 2013

Per i cristiani non esiste nessun «estraneo».


Edith STEIN, LA MISTICA DELLA CROCE
Capitolo 4. - VIVERE IN MANIERA EUCARISTICA

La sofferenza e la morte di Cristo continuano
nel suo corpo mistico e in tutte le sue membra.
Ogni uomo deve soffrire e morire.
Ma quando è un membro del corpo di Cristo,
la sua sofferenza e la sua morte ricevono forza redentrice dalla divinità del capo.
Questo è il motivo per cui tutti i santi hanno desiderato la sofferenza.
Non si tratta di un desiderio morboso di soffrire.
Agli occhi dell’intelletto naturale,
questo sembra addirittura perversione.
Ma alla luce del mistero della redenzione si dimostra invece suprema ragionevolezza.
E così chi è legato a Cristo resisterà imperturbato
anche nella notte oscura in cui si sentirà lontano ed abbandonato da Dio;
forse la provvidenza divina usa la sofferenza per liberare
chi è oggettivamente incatenato.
Per questo «Sia fatta la tua volontà!»
- anche e soprattutto nella notte più oscura.
Il nostro amore umano è la misura del nostro amore per Dio.
Ma è diverso rispetto all’amore umano naturale.
L’amore naturale va a questo o a quello che ci è vicino,
legato a noi da un vincolo di sangue o per affinità di carattere o per comunanza di interessi.
Gli altri sono «estranei»,
dei quali non ci si interessa,
che magari ripugnano per come sono,
tanto da volerseli tenere possibilmente ben lontani.
Per i cristiani non esiste nessun «estraneo».
Si tratta di volta in volta del prossimo che abbiamo davanti a noi
e che ha molto bisogno di noi;
è indifferente che sia o non sia un parente
o che ci piaccia o meno, che sia più o meno «degno moralmente» di aiuto.
L’amore di Cristo non conosce frontiere, non cessa mai,
non indietreggia rabbrividendo davanti alla bruttura e al sudiciume.
È tenuto per i peccatori e non per i giusti.
E quando l’amore di Cristo vive in noi, allora facciamo come lui
e andiamo alla ricerca della pecora smarrita.

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