martedì 20 maggio 2014

mettono la croce di Cristo al servizio dell'adorazione di se stessi, perfino della loro volontà di dominare


Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;
 E noi, in quale Dio crediamo?
Per la lettura spirituale
"Io sono la via, la verità, e la vita" (Gv 14,6), ci dice Gesù.
Se riflettiamo sulla portata prodigiosa di questa affermazione,
possiamo essere tentati, in un primo momento,
di indietreggiare davanti ad essa,
avendo scoperto la relatività
di ciò a cui si crede e
delle convinzioni religiose degli uomini.
Quanti nostri contemporanei, usciti dall'universo limitato della loro educazione,
hanno incontrato nel mondo
altre culture, altre civiltà, altri itinerari spirituali orientali e occidentali e
si interrogano:
"Le parole di Gesù non sono forse fonte di una presunzione insopportabile, quella dei cristiani che osano affermare come un assoluto la loro fede in Cristo?".
Non dobbiamo forse considerare queste parole in modo relativo ed accettare che per altri uomini, in altre religioni, esse trovino degli equivalenti?
Ecco uno dei primi dubbi che assalgono l'uomo
i cui occhi sono aperti sul nostro mondo.
All'opposto, nel corso della storia si ripetono costantemente caricature paurose:
alcuni popoli si impadroniscono del cristianesimo e dell'appellativo "cattolico"
farne una loro proprietà,
al punto di ridurre la religione di Cristo all'espressione della loro sacralità.
Essi considerano la loro identità nazionale o etnica come sacra
e mettono la croce di Cristo al servizio dell'adorazione di se stessi, perfino della loro volontà di dominare.
Card. JEAN-MARIE LUSTIGER

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